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FAMIGLIA DI FATTO: POSIZIONE GIURIDICA E RAPPORTI PATRIMONIALI

La convivenza è oggi un fenomeno sociale in costante aumento, ma non è l'unico presupposto per identificare la famiglia di fatto, tipologia di formazione sociale che deve caratterizzarsi per la stabilità, la durata e la solidarietà reciproca tra i partner.

La convivenza è diventata rilevante per il diritto anche con riferimento alle coppie omosessuali, tant'è che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 138/2010, ha statuito che nella nozione di formazione sociale è da annoverare anche l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso. Alla suddetta pronuncia segue quella della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, nella quale si è affermato che il diritto al rispetto della vita privata e familiare, garantito dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti Umani e della Libertà fondamentali, impone la qualifica di famiglia anche alle unioni formate da persone dello stesso sesso. Quindi, le relazioni omosessuali non saranno più comprese sono nella nozione di "vita privata", ma in quella di "vita familiare", pure contenuta nell'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo che tutela il diritto alla vita familiare, riservando allo Stato la disciplina e l'introduzione dell'istituto del matrimonio omosessuale a livello statuale.

La famiglia di fatto si qualifica, quindi, per l'affectio coniugalis (la comunanza di vita e di interessi per la reciproca assistenza morale e materiale dei conviventi).

La convivenza more uxorio non è prevista e disciplinata dalla legge, seppure la stessa si è occupata, nel tempo, di regolamentare una serie di diritti spettanti soprattutto alla convivente e ai figli.

ASPETTI PATRIMONIALI DELLA FAMIGLIA DI FATTO

I legami di natura personale, istaurati tra i conviventi, non sono vincolati sul piano giuridico, ma sono rimessi alla spontanea osservanza reciproca.

Quindi, la cessazione del loro rapporto avviene ad nutum e senza necessità di intervento dell'autorità giudiziaria. A tal proposito, possono predisporsi appositi contratti di convivenza dove sono regolati gli aspetti patrimoniali della famiglia di fatto, anche in caso di cessazione del rapporto (ad es. l'abitazione, il mantenimento in caso di bisogno, la proprietà dei beni, il testamento con clausole a favore del convivente, ecc.).

MANTENIMENTO E ALIMENTI NELLA FAMIGLIA DI FATTO

La cassazione ha stabilito che la convivenza non può assimilarsi al matrimonio. Dal matrimonio discendono conseguenze perenni e ineludibili, tra i quali il dovere di mantenimento o di alimenti al coniuge, mentre la convivenza è la scelta di chi intende sottrarsi ai doveri di carattere pregnante connessi al matrimonio e riservarsi, invece, la possibilità di un commodus discessus (facile via d'uscita) in conseguenza dei caratteri di precarietà e revocabilità unilaterale ad nutum, propri della convivenza di fatto.

Giurisprudenza e dottrina sono concordi nel non riconoscere a carico e a favore dei conviventi obblighi di contribuzione, salvo che gli stessi risultino da convenzioni stipulate dagli stessi conviventi. Gli accordi, per costituire fonte di obbligazioni, devono risultare da un atto scritto avente forma di scrittura privata o di atto pubblico e possono contenere:

Non sussiste, allo stato attuale della legislazione, il diritto al mantenimento nei confronti del convivente, concretizzando la convivenza una situazione di fatto caratterizzata dalla precarietà e dalla revocabilità unilaterale. Al convivente o alla convivente, che versa in stato di bisogno, non spetta neppure l'assegno alimentare. Tuttavia, la dottrina, sensibile alle istanze dei conviventi più deboli, ha ipotizzato la possibilità di ottenere un risarcimento del danno per rottura unilaterale del rapporto di convivenza.

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