Che cos’è la filiazione?
La filiazione è il rapporto che intercorre tra un soggetto e coloro che l’hanno concepito, quindi tra i genitori e il figlio. Lo “status di figlio” implica diritti e doveri, a prescindere che il figlio sia nato nel matrimonio o fuori dal matrimonio. Con la legge 219 del 2012 (entrata in vigore il 1° gennaio 2013) è stata superata ogni distinzione tra figlio legittimo (nato nel matrimonio) e naturale (nato fuori dal matrimonio), senza diversificazione alcuna tra i primi e i secondi. Accanto alla filiazione di sangue vi è poi l’adozione, che si realizza attraverso un procedimento giudiziale sostitutivo della procreazione naturale.
Diritti e doveri dei figli
Con la riforma della filiazione (Legge n. 219/2012) è stato introdotto all’art. 315 bis c.c. una sorta di statuto dei diritti del figlio.
Vediamo nel dettaglio quali sono tali diritti.
Il figlio ha il diritto:
- al mantenimento (che grava sui genitori e in subordine sugli ascendenti. Esso permane anche oltre la maggiore età, fino a quando il figlio non abbia raggiunto l’indipendenza economica);
- all’educazione;
- all’istruzione;
- all’assistenza morale;
- alla crescita in famiglia (con esclusione quindi della possibilità di subire provvedimenti di adozione, affidamento e/o allontanamento al di fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge);
- al mantenimento di rapporti significativi con i parenti (è stato dunque introdotto il diritto “all’amore” dei nonnie il corrispondente diritto di questi di mantenere rapporti significativi con i propri nipoti. Ne consegue che i nonni, qualora sia loro impedito di frequentare i minori, hanno la possibilità di ricorrere al Tribunale dei Minorenni al fine di chiedere che siano adottati provvedimenti idonei);
- all’ascolto (il figlio che ha compiuto i 12 anni, e anche di età inferiore se capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, come per esempio in sede di separazione o divorzio).
Correlativamente, sul figlio incombono anche doveri.
Il figlio ha infatti il dovere di:
- rispettare i genitori;
- contribuire al mantenimento della famiglia, incluso l’obbligo alimentare, finché convive con essa;
- se minorenne, di convivere con i genitori (l’art. 318 c.c. impone il divieto di abbandono della casa familiare. Qualora si allontani senza permesso, i genitori possono richiamarlo ricorrendo al giudice tutelare).
Il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio
Il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio può essere fatto congiuntamente o separatamente dai genitori, purché essi abbiano compiuto l’età minima di 16 anni.
Se il riconoscimento avviene separatamente, vi sono delle differenze a seconda che il figlio abbia a o meno compiuto i 14 anni:
- se il figlio è minore di 14 anni, ai fini del riconoscimento dell’altro genitore, è richiesto il consenso del genitore che per primo lo ha riconosciuto. In ogni caso, il consenso non può essere rifiutato se il riconoscimento risponde all’interesse del minore. In caso di rifiuto del consenso da parte del genitore che per primo ha riconosciuto il figlio, l’altro genitore – intenzionato a riconoscerlo - dovrà ricorrere al giudice.
- se il figlio ha invece già raggiunto l’età di 14 anni, dovrà esprimere egli stesso il suo consenso al riconoscimento del genitore.
Il cognome del figlio nato fuori dal matrimonio
In caso di riconoscimento
- congiunto: il figlio assume il cognome del padre;
- disgiunto: il figlio assume il cognome del genitore che lo ha riconosciuto per primo;
- effettuato dal padre successivamente alla madre: è lasciato al figlio maggiorenne (o al tribunale ordinario se minorenne) decidere se: sostituire il cognome del padre a quello della madre oppure aggiungerlo.