La vicenda vede per protagonista un uomo che, non accettando la fine della relazione con la sua ex, una collega di lavoro, la perseguita con l’invio di sms e mms minacciosi, di foto e filmini di contenuto erotico inviati al marito della stessa, con la diffusione nei bagni di stazioni e luoghi pubblici del numero telefonico invitando gli estranei a contattarla per prestazioni erotiche. Tale assillo aveva prostrato la donna, costringendola a cambiare le proprie abitudini fino a renderle intollerabile la prosecuzione del rapporto lavorativo.
Dal canto suo, il datore di lavoro aveva assunto la decisione di licenziare l’uomo, la cui condotta extra-lavorativa, per la sua gravità, aveva leso profondamente il rapporto fiduciario tra le parti.
Nonostante la battaglia legale a cui aveva dato corso l’uomo, la Cassazione – mettendo la parola fine alla vicenda - dà torto al dipendente stalker, sancendo che chi molesta, minaccia, diffama e calunnia la collega di lavoro solo perché non accetta la fine del rapporto sentimentale può essere licenziato dal datore di lavoro perché la sua condotta, anche se tenuta al di fuori dell'ambiente di lavoro, è tale da minare il vincolo fiduciario tra le parti del contratto lavorativo.
Lo stalking ai danni della collega si configura dunque come giusta causa di licenziamento.