Il caso.
La Corte di Appello confermava l'affido condiviso di una minore, disponendone la residenza prevalente presso la madre, trasferitasi in un’altra città, visto che la donna aveva messo a disposizione dell'ex marito un appartamento, per consentirgli di occuparlo insieme alla figlia nei periodi in cui, come indicato dalla CTU, costui doveva stare con la bambina, ossia dalla domenica sera fino alle 13.30 del giovedì seguente.
La Ctu motivava questa decisione ritenendola preferibile a quella adottata in precedenza che prevedeva la residenza della minore presso l'appartamento messo a disposizione del padre, con le stesse disposizioni per quanto riguardava orari e giorni. Questa nuova decisione era stata adottata tenendo conto dell'occupazione lavorativa della madre e della non occupazione del padre, che quindi non subiva alcun danno di tipo economico od esistenziale per il fatto che la residenza della bambina venisse fissata presso la ex moglie, visto che dispone dell'appartamento preso in locazione per lui dalla ex.
Insoddisfatto il padre ricorre in Cassazione, che tuttavia gli dà torto.
In particolare, gli ermellini hanno ritenuto che non vi fosse alcuna violazione della libertà personale o l'imposizione di un domicilio forzato per il padre, in quanto, in presenza di due diversi e distanti luoghi di residenza dei genitori, si è evitato alla bambina una vita da pendolare, preferendo una soluzione in cui sia il padre a doversi spostarsi, per i minori impegni lavorativi di quest'ultimo (disoccupato) e per la disponibilità dell'appartamento preso appositamente in locazione dalla ex moglie.
In definitiva, seguendo la pronuncia della Corte, non vi è alcuna coercizione: nel caso in cui il padre rifiutasse di trasferirsi, la figlia verrà collocata in maniera stabile presso la madre. Eventuali ricollocamenti si baseranno, sempre e comunque, tenendo conto dell’interesse preminente della figlia.