Non sempre.
La Cassazione ha infatti accolto il ricorso proposto da un conducente condannato per guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, con la motivazione che non basta l'esito delle analisi del sangue a condannare l'imputato, occorre anche accertare dai segnali esteriori, che il soggetto si trovi in uno stato di alterazione tale da rendere pericolosa la guida.
Questo è quanto deciso dalla Suprema Corte con la sentenza n. 3900/2021, che – accogliendo il ricorso dell’imputato - ha riformato le sentenze di primo e secondo grado, le quali lo avevano ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 187 comma 1 C.d.S, perché lo stesso si era messo alla guida di un'auto dopo aver assunto sostanze stupefacenti.
Il principio espresso dalla Cassazione è il seguente: "Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 187 cod. strada, non è sufficiente che l'agente si sia posto alla guida del veicolo subito dopo aver assunto droghe ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione."